Luci ed ombre sulla ZES (Zona Economica Speciale) abruzzese. Il clima elettorale di fine consiliatura e i ritardi dell’intermodalità ferro-gomma-mare tra i punti critici. Positiva nella proposta elaborata la scelta di recuperare le aree interne, come avevo chiesto a suo tempo. Il mio intervento su Il Messaggero.

Siamo stati i primi in questa sede a lanciare la proposta di attuare in Abruzzo una ZES (Zona Economica Speciale) che fosse la più ampia possibile, includendo anche alcune aree interne dell’Abruzzo.

La soluzione auspicata dalla Regione, sulla quale adesso comincerà il dibattito in Consiglio Regionale, va nella direzione che abbiamo a suo tempo auspicato, perché potrebbe consentire ai potenziali investitori di usufruire di una macroarea vasta, che va dalla Valle Peligna (il sindaco di Pratola Di Nino per prima ha chiesto di entrare a far parte della ZES) alla costa adriatica.

All’interno dei 1700 ettari individuati dalla Regione, infatti, insistono interporti come quello di Manoppello e di Avezzano, un’arteria stradale importante come la Fondovalle Sangro (il cui completamento con i Fondi del Masterplan è previsto però non prima del 2022), i porti industriali di Ortona e Vasto, gli autoporti di Roseto e San Salvo, e l’aereoporto di Pescara. Insomma l’Abruzzo della intermodalità per la prima volta metterebbe a rete il suo patrimonio, calando la ZES all’interno di una macroarea che ricomprende i comuni di Vasto, Ortona, San Salvo, Fossacesia, Atessa, Paieta, Cupello, Gissi, Monteodorisio, Mozzagrogna, Mosciano Sant’Angelo, Sulmona, Avezzano, Carsoli e Oricola.

Presentata in più occasioni dall’allora presidente della Regione D’Alfonso, con il placet del ministro per la Coesione Territoriale del Governo Gentiloni, Claudio De Vincenti, la versione rimodulata della ZES abruzzese senza il Molise (che nel frattempo ha scelto di aderire alla ZES dell’Autorità Portuale pugliese) sembra però viziata da tre elementi. Il primo è di carattere temporale, perché se è vero che la ZES deve essere approvata entro il 31 dicembre 2018, l’avvio del dibattito alla conclusione della consiliatura rischia di trasformarsi nel cahiers de doleancesdi molti consiglieri, pronti ad allargare o restringere il perimetro della ZES per includere il territorio del proprio Comune, con l’unico effetto di indebolire una proposta che è stata elaborata in forte ritardo.

La campagna elettorale non agevolerà la qualità del dibattito su un tema, invece, che è strategico per costruire le politiche industriali dell’Abruzzo dei prossimi 15/20 anni.

La seconda riserva è più di natura squisitamente tecnica. Ogni ZES deve contenere almeno un porto, e in alcune contesti italiani come Bari e Napoli, questi hubsi stanno distinguendo per la competitività e l’innovazione dei servizi. A Bari, ad esempio,si sta sperimentando il 5G per passare da una logica di piattaforma fisica a quella di smart space, in grado di trasformare l’ecosistema circostante in un luogo di attrazione per gli investimenti. Ad Ortona dopo cinque anni e mezzo ancora non si riesce a risolvere il problema del dragaggio, mentre le dimensioni del porto di Vasto sono troppo piccole per ospitare containers di grandi dimensioni. L’intermodalità abruzzese, poi, è ad intermittenza, poiché non esiste ancora una continuità infrastrutturale ferro-gomma-mare lungo l’asse strategico indicato nella proposta. C’è poi l’incognita del rapporto con l’area portuale di Ancona, che vede i porti abruzzesi in una posizione oggettivamente minoritaria per qualità dei servizi ed offerta erogata.

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