Come far coesistere industria, turismo e ambiente in Abruzzo? Chi in campagna elettorale parlerà di ZES (Zone Economiche Speciali) come opportunità, dovrebbe prima di tutto rispondere a questa domanda, perché se non si rilancia l’industria l’Abruzzo sprofonderà (-26.000 posti di lavoro nel III Trimestre 2018). Il mio intervento su Il Messaggero.

Nel decennio di crisi il Mezzogiorno si è deindustrializzato, perdendo il 30% della ricchezza prodotta dall’industria. La crisi non ha risparmiato l’Abruzzo, che attualmente ha 109 dossier aperti. I dati Istat sull’occupazione nel III trimestre 2018 (l’Abruzzo rispetto allo stesso periodo del 2017 ha perso 26mila posti di lavoro, con il tasso di disoccupazione che è salito pericolosamente al 12,1%) hanno confermato che, in una fase di recessione quale è quella che sta attraversando l’Italia, senza il rilancio degli investimenti industriali una regione debole come l’Abruzzo continuerà ad arretrare.

Questi dati, inoltre, potrebbero anche peggiorare se non arriveranno le modifiche legislative sul mercato del lavoro, perché il Decreto Dignità rischia di lasciare a casa migliaia di lavoratori a tempo determinato.

Da queste colonne abbiamo sempre sostenuto che la priorità della Giunta regionale era quella di rilanciare gli investimenti industriali, mantenendo gli insediamenti esistenti e utilizzando una misura strategica come la ZES (Zona Economia Speciale) per costruire una regione in grado di attrarre nuove imprese.

Entro il 31 dicembre dovrà essere approvato il documento programmatico sulla ZES. Il dibattito, a causa del poco tempo a disposizione e delle imminenti elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale, passerà in sordina o si trasformerà nel cahiers de doleances di qualche consigliere regionale.

La ZES deve contribuire a superare due questioni aperte: la dicotomia costa/aree interne e l’esasperata conflittualità sui territori a causa della equazione ambiente-turismo contro industria, che nell’ultimo decennio ha marcato in modo negativo l’Abruzzo.

La ZES deve contenere almeno un porto. A Vasto il nuovo Piano regolatore portuale prevede investimenti per 155 milioni già ricompresi nel Masterplan, ma ne basterebbero almeno 40 per allargare le banchine e ospitare navi merci più grandi di quelle attuali. Sul porto, inoltre, insiste un intervento di Rfi del valore di 20 milioni per realizzare il collegamento ferroviario per sviluppare l’intermodalità ferro-mare).

Questi nuovi investimenti darebbero ulteriore linfa ad un’infrastruttura che negli ultimi anni ha visto aumentare i propri traffici di quasi il 40%, ma che ha dovuto anche fare i conti con un clima ostile agli investimenti, come dimostrano i casi di Casillo, leader nazionale nell’importazione dei cereali, Escal ed Ecoexport che hanno preferito insediarsi in altri porti, con la perdita di movimentazioni di nuove merci per 450.000 tonnellate. Dalle polemiche sul Centro Oli in poi (2007) la politica abruzzese ha rinunciato a fare sintesi tra lo sviluppo dell’industria e la salvaguardia dell’ambiente. Chi verrà ad investire nelle aree adiacenti al porto di Vasto se proliferano i ricorsi amministrativi contro gli insediamenti industriali per tutelare la Riserva di Punta Aderci? Come far coesistere industria, turismo e ambiente in Abruzzo? Chi in campagna elettorale parlerà di ZES come opportunità, dovrebbe prima di tutto rispondere a queste domande.