L’involuzione della Puglia, da laboratorio negli anni di Vendola ad espressione peggiore del Sudismo e del populismo, spiega cosa può produrre un Governo del no. Il mio intervento sul Nuovo Quotidiano di Puglia.  

Xylella, l’ex Ilva, il fallimento della Banca Popolare di Bari, la bancarotta della Fiera del Levante, il Tap. Già laboratorio nazionale ai tempi di Nichi Vendola, la Puglia si è trasformata in pochi anni, come ha scritto di recente su Il Foglio David Allegranti, in un nuovo laboratorio, quello che dice di agire nel nome del popolo ma poi lo manda in bancarotta.

La pubblicazione del saggio del direttore del Nuovo Quotidiano di Puglia Claudio Scamardella, “Colpe del Sud. Ripensare la questione meridionale per il Mezzogiorno, la Puglia e il Salento”, e le affermazioni del sindaco di Lecce Salvemini, che ha rivendicato le compensazioni ambientali di un’opera contestata come il Tap anche per il capoluogo, costituiscono due diversi momenti per provare ad interrogarsi sulle soluzioni da intraprendere per ridare valore, credibilità e visione all’azione politica.

Il Sudismo della Puglia, scrive Scamardella, è impastato di sovranismo e antimodernismo, e ha trovato terremo fertile nella valenza e nel concentrato delle questioni al centro dell’agenda pubblica pugliese – dalla Xylella al gasdotto Tap e all’ex Ilva – tutte di rilievo nazionale e diventate materia di scontro tra centro e periferia. La Puglia e il Salento, prima che altrove, proprio su temi sensibili come Xylella, Tap e Ilva, hanno sperimentato i guasti e i danni prodotti dalla teorizzazione della decrescita e della società orizzontale da parte del M5S, con l’esproprio della politica, la delegittimazione dei decisori pubblici, il disprezzo delle competenze e la derisione della scienza.

Nel novembre del 2017 il Comune di Lecce non aveva aderito al documento firmato da 37 sindaci salentini con il quale si chiedevano al Governo interventi concreti in merito a investimenti aggiuntivi di Tap e Snam.

Le affermazioni del sindaco Salvemini, la chiara presa di posizione a favore dell’apertura di un tavolo tecnico su Tap e Metanodotto Snam del Partito Socialista Italiano della provincia di Lecce, e la rivendicazione del capogruppo del Pd in Consiglio comunale Rotundo di aprire una vertenza con il Governo sulla Tap, offrono degli spiragli nuovi nella complessa relazione tra i territori, le infrastrutture e il consenso politico.

Gli amministratori, infatti, hanno cominciato a capire che il no a prescindere ad un’opera di interesse e rilievo nazionale (lo stabilisce il MISE) può produrre voti nel breve periodo, ma dopo un certo numero di anni l’infrastruttura non solo viene completata ma lascia sul terreno strascichi pericolosi di polemiche sterili, senza produrre alcun tipo di consenso (basti vedere la debàcle elettorale del M5S).

Non è il caso, invece, di avviare una puntuale negoziazione sulle opere di compensazione quando l’iter delle infrastrutture da realizzare si mette in moto? Non è più responsabile e utile per i territori, come è accaduto del resto nei comuni emiliani e toscani attraversati dal raddoppio autostradale della Bologna-Firenze, analizzare i bisogni dei territori e concertarli con i Ministeri competenti e le società proponenti?

Ascoltare, valutare e proporre soluzioni adeguate per lo sviluppo e la crescita dei territori: la buona politica dovrebbe ripartire dai fondamentali. In Puglia come nel resto del Paese.