In campagna elettorale per le Politiche del 2018 l’attuale ministro degli Esteri Luigi Di Maio promise di trasformare l’ILVA, il più grande impianto siderurgico del Sud Europa, in un Parco Giochi.
Le scelte di Di Maio e dell’esecutivo giallo-rosso rischiano, invece, di trasformarlo nella tomba dell’industria italiana.
Se l’attuale Governo, infatti, confermerà gli orientamenti che stanno emergendo sulle complesse questioni del gruppo siderurgico, oggi in affitto grazie ad un investimento di 5,5 miliardi di euro da parte del Gruppo Franco-Indiano Arcelor Mittal che si è aggiudicato un regolare bando di gara – nessuna immunità agli attuali gestori e avvio della decarbonizzazione del sito di Taranto – l’esecutivo giallo-rosso avrà creato le condizioni che potrebbero indurre la multinazionale a lasciare la gestione dell’intero comparto industriale.
Dopo la caduta dello scudo legale se i proprietari franco-indiani dovessero abbandonare lo stabilimento di Taranto, si apriranno le porte dell’amministrazione straordinaria, con un durissimo contenzioso con lo Stato italiano per la palese violazione di quanto stabilito a suo tempo nel bando di gara.
Ma il danno maggiore sarebbe sotto il profilo reputazionale e di credibilità, perché l’affidabilità del nostro Paese per altri investitori esteri non avrebbe più alcun valore.
Chi parteciperebbe ad un eventuale nuovo bando di gara per l’aggiudicazione degli stabilimenti, con l’obbligo per i partecipanti e il vincitore di decarbonizzare la fabbrica tarantina, si chiede giustamente il docente dell’Università di Bari Federico Pirro su Formiche?
E nel frattempo l’amministrazione straordinaria con quali risorse gestirebbe il sito, considerato che  molto probabilmente continuerebbe a perdere commesse perché nessun acquirente ordinerebbe più una sola tonnellata di acciaio nella più totale incertezza della sua fornitura?
Senza pensare alle conseguenze sul piano strategico ed economico per le aziende italiane (si pensi a Fincantieri), che sarebbero costrette a dipendere dai produttori austriaci, tedeschi o addirittura cinesi, per l’approvvigionamento dell’acciaio, con ripercussioni negative fortissime sui tempi e sulle modalità di gestione delle commesse.
E chi valuta le ricadute negative in termini sociali e psicologici che potrebbero essere devastanti per la comunità tarantina? Dei 14.000 operai dell’ILVA infatti cosa ne facciamo, li mettiamo tutti a lavorare al Luna Park, visto che la Cassa Integrazione Straordinaria non la possono conseguire tutti?
La discussione in atto, purtroppo, conferma ancora una volta la visione antindustriale del Movimento Cinque Stelle, al quale però stavolta potrebbe prestare il fianco anche il PD, che sarebbe intenzionato a votare la revoca dell’ immunità penale, dando un segnale chiaro al mercato: non investite in Italia.
Un brutto colpo anche per gli operai e i lavoratori del comparto degli idrocarburi di Ravenna, settore sul quale il PD è diviso tra le pulsioni ambientaliste che animano i Grillini e la necessità di continuare a sostenere un segmento importante dell’industria italiana.