L’Abruzzo rischia di pagare un prezzo alto alla crisi del Covid-19. La mia analisi sul futuro dell’economia regionale su Il Messaggero.
La crisi causata dal Covid-19 sta confermando alcune tendenze già in atto, come la centralità della logistica e la propensione delle grandi aziende allo smart working. Se le infrastrutture erano prioritarie prima di questa crisi, ora vi è l’urgenza anche in Abruzzo di accelerare gli investimenti in infrastrutture materiali e digitali perché altrimenti si corre seriamente il rischio di compromettere 40 anni di crescita industriale.
A causa dell’intermodalità che non si riesce a mettere a sistema e dell’isolamento delle aree interne, infatti, sugli investimenti della logistica integrata e sull’accelerazione verso la digitalizzazione l’Abruzzo continua ad essere in ritardo.
A maggio 2019 lo spostamento della produzione di 100.000 furgoni di grandi dimensioni dalla Sevel della Val di Sangro allo stabilimento di Gliwice in Polonia, era la metafora dei rischi che incarnava la globalizzazione quando non è sostenuta dagli investimenti e da un’attitudine alla flessibilità del lavoro come fattore di competitività.
La decisione del management della multinazionale francese era dettata unicamente da ragioni di politica industriale, perché la saturazione della Sevel impediva di rispondere ai nuovi livelli di produzione.
Da allora però molte cose sono cambiate: la fusione tra FCA e PSA ha spostato fuori dall’Italia il baricentro del comando del Gruppo, e la crisi del Coronavirus ha modificato la nostra idea di globalizzazione.
Restano sul tavolo, però, tutti i problemi che aveva sollevato Sergio Marchionne nell’ultimo discorso abruzzese alla Sevel il 9 luglio 2013, dagli investimenti sulla viabilità allo sviluppo dei porti commerciali, dalla realizzazione della banda larga nei distretti industriali alla progettazione del turismo come asset strategico.
Oggi ancora più di ieri il futuro dell’Abruzzo passa inevitabilmente attraverso l’Agenda Marchionne, perché rileggere le priorità indicate dal manager significa comprendere quale potrà essere il nuovo Abruzzo, ancora alle prese con una forte deindustrializzazione e con la necessità di definire gli strumenti più idonei per attrarre investimenti, in primis la Zona Economica Speciale.
Marchionne in Abruzzo annunciò l’investimento di 700 milioni per il restyling della fabbrica, e disse in modo perentorio che quelli erano gli ultimi soldi che avrebbe portato in dote alla Sevel se le istituzioni locali non avessero provveduto a migliorare le infrastrutture.
Dopo questa crisi le problematiche si saranno ancora di più accentuate: infrastrutture, banda ultralarga, scarsa innovazione, accesso al credito, formazione, certezza del diritto, cultura anti industriale.
La parola chiave per superare queste criticità dovrà quindi essere sburocratizzazione. Le situazioni di emergenza, infatti, fanno da acceleratore a processi bloccati da anni.
Il modello Genova, però, ha funzionato perché è stato concretamente messo in campo dal sindaco, Marco Bucci, commissario straordinario e manager, che ha fatto scelte radicali profonde, individuando manager e collaboratori sulla base dei loro curricula, secondo modalità diverse da quelle che la pubblica amministrazione è solita seguire. E’ tempo che l’Abruzzo diventi un modello.