Il 2020 si prospetta drammatica per l’economia abruzzese. La pandemia rischia di accelerare questo processo di sfaldamento del sistema delle PMI, in corso dalla crisi del 2008. Sul tema il mio intervento scritto a 4 mani su Il Messaggero con l’economista Piero Carducci.

Nel 2019 l’economia abruzzese era già in fase di rallentamento dovuto, in parte, al cedimento di competitività delle PMI e soprattutto alle conseguenze negative sull’export della guerra commerciale tra USA e Cina. La diffusione della pandemia ha quindi indebolito un sistema economico già in evidente stagnazione, con la riduzione della domanda estera rivolta al nostro apparato produttivo, fortemente orientato alle esportazioni. Applicando all’Abruzzo un modello econometrico standard, possiamo valutare le conseguenze della crisi sanitaria sull’economia regionale.

Il PIL abruzzese nel 2020 scenderà dell’8,6% (-2,9 miliardi) rispetto al già modesto risultato del 2019. Il crollo del PIL è dovuto alla forte riduzione dell’export, a causa del picco negativo della domanda, alla caduta dei flussi turistici soprattutto internazionali, al netto cedimento della domanda interna per la sospensione di interi settori di attività, ed alle ripercussioni sui redditi delle famiglie e sull’occupazione.
L’incertezza porterà a persistenti e duraturi comportamenti di prudenza delle famiglie e delle imprese, sia sul lato dei consumi che degli investimenti, rallentando ulteriormente il ritorno dell’attività produttiva verso i livelli pre-virus. Il numero di occupati nel 2020 si ridurrà del 4,5% (- 22.000 posti di lavoro), impatto mitigato grazie al massiccio ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni che, ovviamente, non potrà durare ancora a lungo. La riduzione dei consumi nel 2020 sarà pari all’8,5% e riguarderà tutti i settori, meno che gli alimentari e la salute che saranno in controtendenza. Gli investimenti scenderanno del 12,2%, logica conseguenza della contrazione dei livelli di attività, ma anche gli investimenti pubblici diminuiranno a causa dell’inelasticità della risposta della PA alla pandemia.

Drammatico l’effetto della crisi sulle esportazioni, già in flessione nel 2019. L’export si ridurrà del 15,5%, riflettendo il crollo della domanda estera. Saranno colpite soprattutto le filiere dell’automotive, dell’abbigliamento e del mobile, mentre andranno in controtendenza con risultati positivi agroalimentare e farmaceutico, settore che nel triennio precedente aveva già fatto registrare un eloquente + 600%.

Davanti ad uno scenario così preoccupante occorre mettere in campo misure efficaci di politica economica. L’istituzione della Zona Economica Speciale può essere una valida contromisura alla crisi, ma solo se avverrà con tempi rapidi e se la struttura di gestione che dovrà essere individuata sarà in grado di dare risposte tempestive al sistema delle imprese.

Ugualmente sarà importante individuare una nuova modalità di attuazione delle risorse europee. L’Abruzzo, infatti, deve assolutamente migliorare la qualità e la rapidità del livello della spesa della Programmazione 2014-2020, oggi al 18,5% per quanto concerne il FSE, al 21% per il FESR e al 4,67% per il Fondo Sviluppo Coesione (Fonti UE e Ispettorato Generale Rapporti Unione Europea), stabilendo la rimodulazione degli interventi in un unico Piano per lo Sviluppo, semplificando così l’attuazione e rinforzando l’unitarietà strategica delle risorse della politica regionale.