Il Nimby non ha colore politico. Per decenni il civismo e l’ambientalismo, anche di matrice ideologica, hanno ispirato l’avversione alle infrastrutture di molti amministratori di centrosinistra.

Il Nimby di centrodestra esisteva ed esiste (vedi Piombino), ma era soprattutto confinato nelle pieghe delle amministrazioni locali, perchè era più evidente il no del centrosinistra, soprattutto nelle battaglie condotte dai presidenti delle Regioni Puglia e Campania contro le trivelle, che avevano un preciso destinatario: Matteo Renzi.
Negli anni della presidenza dell’ex sindaco di Firenze e negli ultimi conflittuali mesi determinati dalla battaglia sul referendum, a tenere banco era la lotta di potere dentro al Pd, e le opposizioni dei territori alle trivelle e al Tap erano in fondo questioni esclusivamente politiche che afferivano al centrosinistra.

L’ opposizione del Movimento Cinque Stelle ad eventi come l’Expo a Milano o alle Olimpiadi di Roma, a Tav, Tap e Ilva, o agli investimenti di Eni, Terna e Snam, al contrario costituivano la naturale prosecuzione della critica dei grillini ai fenomeni della corruzione e al giustizialismo, temi che avevano caratterizzato il Movimento fin dalla sua costituzione.

La novità della leadership di Elly Schlein, anche sui temi dell’energia e delle infrastrutture, contribuirà a modificare gli equilibri all’interno del Pd e dell’opposizione.

Le posizioni della Schlein su opere, fonti fossili, Direttiva europea green sulle abitazioni e sulla transizione ecologica, in linea con l’ambientalismo nord-europeo, sono molto radicali e confliggono con quelle espresse da Bonaccini e dalla quella parte del Pd che lo sosteneva nella corsa alla carica di segretario.

Non è un caso, ad esempio, che il Consiglio Regionale dell’Emilia Romagna abbia votato all’unanimità i nuovi investimenti estrattivi al largo delle coste ravennate, e che proprio il sindaco di Ravenna, Pd, sia uno dei più convinti sostenitori dell’eolico off-shore e delle trivelle.

C’è poi tutta la problematica delle infrastrutture di trasporto del gas, a cominciare dal gasdotto della Linea Adriatica, indispensabili per trasferire oggi il gas e probabilmente domani l’idrogeno dalle regioni del Sud dell’Italia al Nord, e per trasformare il nostro Paese nel più importante hub energetico europeo, tema sul quale il presidente del consiglio Meloni sta investendo le principali energie della sua esperienza a Palazzo Chigi.

Proprio Meloni sa bene che anche su questi temi esistono maggioranze molto più ampie in Parlamento (Azione e Italia Viva sarebbero certamente favorevoli a sostenere questo genere di provvedimenti così come una parte del Pd), e che la pubblica opinione ha un atteggiamento trasversale, oggi acuito dai costi dell’energia.

La Schlein, invece, ha la necessità di non lasciare troppo campo libero al M5S, recuperando anche su queste tematiche gli elettori più radicali che hanno preferito votare Conte, che nella costruzione del partito ha sottratto alla sinistra radicale temi come il pacifismo, le politiche di redistribuzione (vedi il reddito di cittadinanza) e appunto il no alle opere.

Il fatto che oggi ci sia anche nel Pd una posizione più chiara e netta su energia e infrastrutture, deve essere lo stimolo perché la maggioranza attui il suo programma.