L’avvio di un percorso europeo autonomo sotto il profilo militare sarebbe già dovuto cominciare da qualche anno. Almeno dal 2018, quando durante il vertice annuale dell’Alleanza Atlantica a Bruxelles l’allora presidente americano Trump chiese a tutti i Paesi Nato di aumentare i loro contributi, minacciando l’uscita degli Stati Uniti.

In quel momento gli Usa versavano alla Nato oltre il 3,5% del Pil mentre, nonostante l’impegno assunto nel 2006 a versare il 2%, i Paesi europei tranne Grecia, Regno Unito ed Estonia, erano lontani dal target.

Al di là della boutade elettorale di qualche giorno fa, Trump oggi come allora dice una cosa vera perché le basi militari dell’Alleanza, nata nel 1949 per la salvaguardia della sicurezza e della libertà degli Stati firmatari, si trovano soprattutto in Europa e quindi gli Stati Uniti sono stabilmente impegnati a difenderci dalle ambizioni espansionistiche di Paesi come la Russia o la Cina.

Più che badare alle affermazioni di Trump l’Europa dovrebbe attuare una vera politica di difesa con un proprio esercito, le cui previsioni giuridiche sono state contemplate nel Trattato di Lisbona sottoscritto nel 2007. E la vittoria di Trump potrebbe addirittura favorire questo processo. La ripresa della politica isolazionista dell’America First, infatti, costringerebbe l’Europa ad affrancarsi dall’ombrello protettivo della Nato, nonostante l’invasione dell’Ucraina abbia rafforzato in modo inaspettato l’Alleanza, allargandola ad altri Paesi, intimoriti dall’atteggiamento espansionistico di Mosca. Sono stati soprattutto i Paesi dell’ex Patto di Varsavia e vicini al confine orientale ad avere aumentato i loro contributi in modo significativo. La Polonia, con il 3,9% del Pil, ha superato la percentuale degli Usa, ma anche altri Paesi non sono stati da meno, come l’Estonia, 2,73%, la Lituania, 2,54%, la Romania, 2,44%, l’Ungheria, 2,43% e la Lettonia, 2,27%.

Francia, 1,90%, e Montenegro, 1,87% sono appena sotto il 2%. L’Italia rimane indietro con l’1,46%. La guerra ha spinto altri Paesi confinanti con la Russia, ed in particolare Svezia e Finlandia, a chiedere di entrare nell’Alleanza per poter beneficiare dell’articolo 5 del Trattato, che prevede la difesa collettiva e quindi l’intervento militare della Nato in caso di attacco ad uno degli Stati membri.

È evidente quindi che la guerra in Ucraina ha determinato il rafforzamento dell’Alleanza Atlantica, facendo emergere ancora una volta i limiti dell’Europa, sia in ambito militare che sull’autonomia energetica. Una vittoria di Trump con queste premesse potrebbe cambiare il futuro dell’Unione Europea, perché per competere a livello globale con Usa, Cina e India, la costringerebbe ad accelerare il processo di affrancamento militare proprio dagli Stati Uniti, aprendo una fase nuova di investimenti sull’innovazione e sulla ricerca non solo nel settore della difesa.
Se Trump dovesse vincere il destino dell’Europa per la prima volta dopo 80 anni potrebbe essere nelle mani degli Stati europei.