Se il conflitto ucraino ha portato in superficie la debolezza dell’Europa intorno all’autonomia energetica, questa affermazione non è valsa per l’Italia, capace in questi ultimi due anni di superare anche i veti alle infrastrutture di trasporto (si veda il Tap), che ne avrebbero pregiudicato la tenuta del sistema industriale.Le strategie energetiche italiane, grazie all’azione diplomatica del Governo Meloni, hanno consentito al nostro Paese di portare il tema del Mediterraneo nell’agenda europea e della Nato.

L’abile tessitura geopolitica dell’esecutivo e la credibilità di società come Eni, Enel, Snam e Terna, sono state confermate dalle tensioni in Medio Oriente, che non hanno impattato affatto sui progetti italiani in corso di realizzazione in Tunisia, Algeria, Libia ed Egitto. E ha avuto una ulteriore evidenza ieri all’insediamento della cabina di regia del Piano Mattei. Per la prima volta il Sistema Paese con tutte le sue articolazioni istituzionali, finanziarie, imprenditoriali, della ricerca e della cooperazione, si è coagulato intorno ad un forte progetto geopolitico per promuovere con l’Africa, attraverso il coinvolgimento anche dell’Europa, un rapporto stabile a partire da settori fondamentali come energia, formazione, acqua e salute.

Se l’Africa e il Mediterraneo sono stati la metafora delle divisioni dell’Europa, incapace anche in questo ambito di avere una politica unitaria al contrario di Cina, Russia e Turchia, passati dal semplice assistenzialismo alla definizione di una strategia regionale di cooperazione militare ed economica, l’Italia invece è andata nella direzione contraria.

Il riconoscimento da parte della Nato del fronte Sud dopo il vertice di Vilnius; gli investimenti energetici con i Governi tunisino e algerino; la grazia del presidente egiziano Al Sisi a Patrick Zaki, sono alcuni degli esempi della strategia italiana in Africa e nel Mediterraneo, che ha registrato nell’ultimo anno una decisa accelerazione, come testimonia il sostegno della Ue all’accordo con la Tunisia e al memorandum con l’Egitto, che sarà sottoscritto domani alla presenza della presidente Ue Von Der Leyen.

Una scelta, quella di sostenere inizialmente con 5,5 miliardi di euro il Piano Mattei per rafforzare il ruolo dell’Italia (e dell’Europa) anche attraverso interventi di qualificazione professionale, che trova la propria consapevolezza strategica nella necessità di definire l’autorevolezza italiana all’interno di un’area tornata rilevante negli scenari geopolitico e logistico.

Oggi quello spazio per ragioni non solo economiche va difeso dagli attacchi degli Houthi, radicalizzatisi in Yemen durante lo sciagurato periodo delle Primavere arabe.

L’avvio di un rinnovato e continuativo dialogo con il Nord Africa, i Balcani e il Medio Oriente, fanno del Piano Mattei il contenitore più importante per la strategia italiana in politica estera. E in un’ottica di contenimento della Cina e della Russia in Africa e della Turchia nel Mediterraneo l’Italia con la Francia ridimensionata è l’interlocutore più credibile per Usa, Nato ed India.