Dopo anni di lavoro in silenzio, costellati soprattutto nel biennio 2015-2017 dalle tensioni sull’acquisto degli F35 e sulla pretesa di una parte della pubblica opinione di ridurre drasticamente le spese per la ricerca e l’industria militare, l’Aeronautica promosse il 14 giugno del 2017 un evento a Roma che mise insieme per la prima volta la filiera dell’industria militare aerospaziale.
La Difesa rialzava la testa e usciva così allo scoperto non solo per contrastare con i fatti le speculazioni del Movimento Cinque Stelle e di una parte della sinistra, ma soprattutto per ribadire un concetto che l’Italia sembrava allora avere dimenticato.
La costruzione di una filiera industriale virtuosa nella Difesa, infatti, contribuisce non solo a garantire la sicurezza dei cittadini, ma consente ai suoi protagonisti di incrementare lo sviluppo e l’innovazione anche nel settore civile, di cui poi beneficia il Sistema Paese nella sua interezza.
A quella iniziativa, dal titolo emblematico Da Industria 4.0 a Logistica 4.0, parteciparono infatti Difesa e Ministero dello Sviluppo economico, aziende come Trenitalia, Leonardo, Google, Avio, Elt, società di consulenza e Think Tank come EY e Competere, rappresentanti del mondo accademico, convocati per spiegare in che modo la sinergia tra industria e ricerca nella Difesa avrebbe dovuto rimettere al centro dell’agenda l’innovazione del settore, e rispondere così alle sfide del cambiamento.
E se gli Atenei meridionali, si disse, perdevano quote consistenti di studenti, l’Orientale di Napoli, il Politecnico di Bari e l’Università di Salerno al contrario li stavano aumentando, grazie alla interazione molto forte tra il sistema accademico e le realtà imprenditoriali, particolarmente incisiva come nel caso dei cluster aerospaziale napoletano e pugliese, che costituivano e costituiscono delle eccellenze nel sistema della ricerca e dell’innovazione europea, in grado di competere stabilmente con le aree di progettazione francesi e inglesi.
In sei anni la percezione del contributo della Difesa alla costruzione di un sistema di sicurezza e di capacità industriale si è modificato radicalmente.
Ancora prima del conflitto ucraino. A riconoscere e ad investire sulla tecnologia e sul know-how dell’industria aerospaziale italiana sono stati Paesi come l’Inghilterra e il Giappone.
L’adesione al Programma Tempest, il primo atto dell’allora ministro della Difesa Guerini, ha confermato l’affidabilità dell’industria italiana della Difesa come partner strategico proprio della Gran Bretagna, e ha generato aspettative positive sulle quali si è innestata la presenza dell’industria giapponese, che ha scelto proprio l’Italia per accentuare la sua indipendenza dalla sfera americana.
L’accelerazione che oggi ha dato ai progetti industriali il ministro Crosetto è stata evidente. Da sottosegretario Crosetto aveva lanciato Difesa Servizi e poi ha guidato l’Aiad, che unisce le aziende del comparto difesa, aerospazio e sicurezza.
Questa nuova fase si è tradotta in un segnale chiaro alla leadership tecnologica francese, che soprattutto sui motori e sui velivoli non viene messa mai in comune con gli altri Paesi europei.
Oggi la filiera italiana della Difesa, invece, è più autorevole e forte di ieri, perché fa parte di un sistema progettuale chiaro e preciso nei suoi obiettivi.
La costituzione del Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della cultura della Difesa, presieduto proprio dal ministro Crosetto, è la sintesi di questa evoluzione, nella quale nel complesso quadro geopolitico dovrà cambiare la percezione dello strumento militare nazionale rispetto al passato.