Sembra un’era geologica fa quando la stampa anglosassone utilizzava in modo sprezzante l’acronimo PIGS, per indicare i quattro Paesi dell’Unione Europea ritenuti più deboli economicamente. Portogallo, Italia, Grecia e Spagna (certamente non esenti da colpe) oltre all’appartenenza geografica sono stati accomunati per molti anni da pregiudizi e stereotipi, con i quali si giustificava qualsiasi decisione stabilita dai Paesi del Nord, le cui scelte servivano a ricordare ai Paesi del Sud il rispetto delle regole fiscali e di economia industriale, e per censurarne i provvedimenti sugli aiuti di stato.
Da ultimo, dopo aver determinato con la loro condotta nel decennio scorso lo spezzettamento degli asset strategici della Grecia e l’ingresso della Cina in Europa attraverso il controllo del Porto del Pireo, il refrain dei rigoristi si è concentrato sulla parola riforme, che includeva tutte quelle indicazioni come pregiudiziale all’erogazione dei fondi del PNRR.

La campanella della ricreazione, insomma, dopo il time out del Covid, stava per suonare definitivamente, e soprattutto l’Italia sarebbe dovuta rientrare nei ranghi, che tradotto in parole semplici significava l’accettazione della revisione del Patto di Stabilità, l’applicazione del MES, l’attuazione incondizionata della direttiva sull’efficientamento degli immobili, nuove imposizioni per le imprese sulla plastica e il carbonio.

Queste ultime iniziative, peraltro, influenzate dal diktat ideologico che ha guidato per lunghi tratti la prima Commissione Von der Leyen. Eppure già nel 2023 la Commissione Europea aveva rivisto al rialzo la crescita dell’Italia, mettendola al primo posto tra i Paesi europei per le stime economiche.

Se ad influenzare positivamente le valutazioni di Bruxelles erano stati allora i dati sull’occupazione, le parole di Paolo Gentiloni che nell’ultima uscita pubblica da Commissario Europeo ha elogiato la Legge di Bilancio del Governo Meloni, sono state motivate dagli investimenti e dalle riforme. Finlandia, Spagna, Romania e appunto Italia sono stati i Paesi europei che hanno ricevuto una “valutazione positiva”. Germania, Finlandia e Olanda, invece, sono stati giudicati “non pienamente in linea” con le raccomandazioni della UE. In queste ore, poi, si è impennato lo spread francese a causa della situazione critica a livello politico e dei conti pubblici.

Una sorta di nemesi storica che, per evitare l’accelerazione della deindustrializzazione tedesca, costringerà adesso la Germania a negoziare gli aiuti di Stato anche per le grandi imprese.

L’Italia invece è il gatekeeper energetico del Mediterraneo, e ha acquisito un peso geopolitico molto più rilevante degli altri Paesi, come emerge chiaramente anche dagli accordi industriali sostenuti dal ministro della Difesa Crosetto.