Ricerca e Università per dare forma ad una Smart Valley in Abruzzo. I Centri d’Eccellenza stanno trasformando L’Aquila che si candida a guidare l’Abruzzo del futuro, un unico cluster a fiscalità agevolata dove sviluppare innovazione ed attrarre talenti. Il mio commento sul Messaggero a quasi dieci anni dal sisma del 2009.

Fondate un’Università e in 200 anni avrete una città. Lo slogan che ricorda nei Campus universitari statunitensi il valore della conoscenza nella costruzione delle comunità, spiega meglio di ogni altro spot l’idea del futuro sulla quale sta investendo L’Aquila.

A quasi dieci anni dalla tragedia del 2009, infatti, sono proprio l’innovazione e la ricerca la bussola che sta traghettando il capoluogo abruzzese verso una nuova dimensione. Ogni sistema economico deve creare un habitat positivo per i mercati, nel quale lo snellimento del sistema burocratico e la rimozione di quegli ostacoli che impediscono ad un adeguato programma di politica industriale di dispiegare i propri effetti, diventano le condizioni fondamentali per promuovere e sostenere le imprese e il lavoro. Le infrastrutture digitali e le relative competenze diventano i fattori per agevolare la transizione della Terza Italia verso la Smart Valley.

Tutto questo a L’Aquila si sta (tras)formando grazie ai Centri di ricerca di eccellenza, alla visione dell’Ocse (la pubblicazione sulla resilienza resta una road map fondamentale per capire il contributo dell’innovazione ai processi di rigenerazione urbana), e alle intuizioni dell’allora ministro Fabrizio Barca, capace di plasmare le raccomandazioni dell’Ocse con l’istituzione degli Uffici Speciali.

Quella scelta non solo ha prodotto alcuni validi strumenti tecnici (si pensi alle schede parametriche), ma ha impresso un’accelerazione significativa al processo di ricostruzione, che a pochi mesi dal decennale per la privata è arrivata quasi all’80%, mentre quella pubblica (il caso della Scuola De Amicis è emblematico) è ancora troppo indietro.

E anche la scelta di includere L’Aquila tra le città italiane che stanno sperimentando la tecnologia 5G deve essere letta come un implicito riconoscimento ad una realtà che attraverso il contributo del Gran Sasso Science Institute, dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, e della sperimentazione innovativa della macchina intelligente con Google e FCA, sta superando la fase critica del post-sisma, accreditandosi come uno dei nuovi territori emergenti in Europa. La proposta di legge di fare de L’Aquila la Silicon Valleyitaliana, presentata dal deputato di Forza Italia Martino, trova consistenza nel fatto che insieme con LFoundry, questo nuovo cluster della conoscenza può davvero costituire un’area di innovazione il cui sviluppo farà bene a tutto l’Abruzzo.

Per competere nel mercato globale ed attrarre i talenti bisogna abbandonare l’alibi del piccolo è bello. L’Aquila ha posto le basi per la sua rinascita investendo sulla ricerca internazionale come testimoniano l’aumento degli scambi tra gli studenti, l’investimento della media company cinese ZTE che ha preferito il capoluogo dell’Abruzzo al Politecnico di Torino proprio grazie al 5G e al know-how dei suoi Atenei, e sulla capacità di diventare grande anche con progetti simbolici come quello dei sottoservizi, nel quale confluiranno le autostrade della conoscenza.

Se è vero che il futuro dei territori italiani passerà dalla capacità di velocizzare i processi amministrativi sotto il profilo delle agevolazioni fiscali, dello snellimento dell’iter autorizzativo e della individuazione di partner economici qualificati, L’Aquila può guidare in Abruzzo questa transizione per superare definitivamente quella dicotomia anacronistica costa/aree interne che la ZES (Zona Economica Speciale) può  invece trasformare in una grande macroarea a fiscalità agevolata dalla Valle Peligna all’Adriatico.

Per queste ragioni l’Aquila può diventare la città del futuro. A patto, però, che la sua classe dirigente abbia il coraggio di mettere da parte le battaglie di retroguardia e di agitare lo scudo del campanile.