Dall’inizio del 2023 sono state almeno tre le volte nelle quali il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco ha dimostrato pubblicamente di non essere in perfetta assonanza con i tempi e i modi della politica monetaria della Bce. Le affermazioni che ieri Visco ha rilasciato durante il Festival dell’Economia di Torino, “La politica monetaria è sicuramente quella corretta in questo momento anche se forse io avrei spinto per una gradualità maggiore”, giungono a pochi mesi dalla scadenza del suo mandato, previsto ad ottobre 2023.

Ad inizio anno Visco era stato ancora più esplicito nel marcare la differenza, perché commentando le varie posizioni all’interno del board della Banca Centrale Europea sulla possibile stretta monetaria, invitava la Bce a migliorare sul piano della comunicazione istituzionale, scegliendo la strada della prudenza ed evitando messaggi troppo duri che rischiavano di spaventare le imprese e le famiglie.

A marzo, quando la nuova stretta sui tassi fu accompagnata dall’annuncio del disinvestimento del Quantitative Easing pari a 15 miliardi al mese con un drastico stop al riacquisto dei Titoli di Stato in scadenza, Visco osservò che la politica monetaria avrebbe dovuto continuare a muoversi con prudenza, senza mettere a rischio la stabilità finanziaria e minimizzando gli effetti negativi sull’ancora fragile ripresa, resa ancora più precaria dal conflitto ucraino.

Da allora, però, la Bce ha alzato i tassi un’altra volta agli inizi di maggio, e probabilmente almeno un altro intervento è previsto tra giugno e luglio, come ha lasciato intendere la stessa presidente Lagarde.

Le osservazioni di Visco ci consentono quindi di tracciare un bilancio della politica monetaria della Bce targata Lagarde. Sostenuta dalla parte più conservatrice del board, la politica monetaria non è andata nella direzione della crescita, ma così come la comunicazione istituzionale della stessa Lagarde, ha proceduto per tentoni, risultando inadeguata perché priva di una strategia definita.

Le scelte della Bce hanno risentito inevitabilmente della sottovalutazione dell’inflazione, perché nonostante il warning della Federal Reserve che aveva alzato per la prima volta i tassi nel marzo del 2022, dalle parti di Francoforte avevano fatto intendere che eravamo dinnanzi a un fenomeno inflattivo transitorio.

L’errore della Bce è stato quello di non avere considerato i problemi della crescita in Europa, concentrandosi unicamente sulla riduzione dell’inflazione, con una sorta di whaterver it takes ma al contrario.
Le azioni messe in campo negli ultimi mesi hanno dimostrato un’evidente incoerenza di fondo nella strategia della Bce, le cui decisioni hanno destabilizzato i mercati e le azioni dei consumatori. Parlare contestualmente di aumento dei tassi, dare delle indicazioni nette sulla prosecuzione della linea restrittiva e annunciare che a marzo sarebbe cominciata la riduzione del bilancio con il disinvestimento di 15 miliardi al mese, nel pieno di un conflitto in Europa e con gli strascichi della pandemia, avrebbe richiesto una valutazione più oculata e attenta.