Costruire un ecosistema positivo per attrarre gli investimenti e rilanciare la politica industriale. Solo così si produce occupazione. Leggi il mio intervento su Il Messaggero in occasione della Festa dei Lavoratori.

Le imprese che operano in Abruzzo pagano un costo elevato per l’energia, devono confrontarsi con un sistema infrastrutturale carente anche sotto il profilo digitale, e scontano una conflittualità esasperata, che ha già prodotto la perdita di 1800 posti di lavoro nel distretto di Ortona. Nelle affermazioni del segretario regionale della Cisl Leo Malandra durante la conferenza stampa per commentare le elezioni per il rinnovo delle Rsa nella Sevel di Atessa, c’è la road map per continuare a fare dell’Abruzzo una delle regioni italiane più industrializzate.

Chi fa impresa in Abruzzo, infatti, non solo è penalizzato dal gap infrastrutturale, ma paga mediamente il 13% di costi energetici in più, e deve anche fare i conti con un dissenso che la debolezza e gli atteggiamenti ondivaghi della politica ha contribuito a stratificare.

A gennaio avevamo scritto che dopo un 2017 altalenante, il 2018 sarebbe stato per l’Abruzzo l’anno della verità. A fronte di un inizio d’anno drammatico (l’Abruzzo al 31 marzo 2017 aveva registrato secondo l’Istat 464.000 occupati, il dato più basso dagli inizi del 2000), il II e il III Trimestre ci avevano consegnato rispettivamente un primo segnale di riequilibrio, con 485.000 occupati al 30 giugno, e poi un indicatore che in assoluto ha qualificato la capacità della regione di rimettersi in marcia (512.000 occupati al 30 settembre), grazie anche alla lunga stagione estiva. Alla fine dello scorso anno gli occupati erano 491.000.

Nel 2017, insomma, l’occupazione è tornata a salire ma non è rientrata nei valori pre-crisi (511 mila lavoratori occupati al 31 dicembre 2008), fatta eccezione per il trimestre estivo, a conferma di un mercato del lavoro che si è rimesso in moto ma che resta condizionato da un’elevata stagionalità, come dimostra anche la percentuale di lavoratori in somministrazione o a tempo determinato (81% delle assunzioni).

Nonostante la tendenza in atto indichi che l’industria abruzzese e il settore dei servizi abbiano agganciato la ripresa, le 109 crisi industriali che stanno coinvolgendo nella regione anche le multinazionali, sono tuttavia un segnale preoccupante della pericolosa fase di deindustrializzazione in atto, accentuata dalla competizione globale.

E il ruolo dell’industria è fondamentale anche per sostenere due settori strategici dell’economia regionale, come l’export e la logistica. La vera sfida, pertanto, è lavorare per rendere possibile la permanenza delle imprese in Abruzzo, e contribuire nel lungo periodo ad aumentare le capacità di attrattività della regione, investendo su un’offerta formativa innovativa che coinvolga anche gli ITS.

In tal senso il potenziamento della portualità diventa fondamentale anche in funzione dell’istituzione della Zona Economica Speciale (a proposito a che punto è il progetto dell’Arap?).

Per questo motivo va stabilito presto quale porto tra Ortona e Vasto diventerà l’hub principale nel trasporto merci. Vasto è in crescita ma non ha in potenza i numeri di Ortona, che però sta incontrando problemi a causa del mancato dragaggio dei fondali. Fino a quando l’industria sarà disponibile ad accettare che le diatribe politiche sullo sviluppo del porto di Ortona, la obbligano ad accedere con carichi di navi dimezzati, che si traduce in un aumento di costi e di tempo? Non possiamo non porci questo tipo di domande il giorno nel quale si festeggia il lavoro.